La pubalgia e le sue cause meno note

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Un calciatore professionista svolge allenamenti quotidiani sin dalla giovane età: i muscoli sono realmente deboli?
L’analisi biomeccanica, le implicazioni biodinamiche ed una corretta analisi delle sollecitazioni che si concentrano sul pube possono venire in aiuto della medicina dello sport e della fisioterapia per la cura della pubalgia.

Quando a livello diagnostico è stato appurato che il dolore riferito al pube o in sua prossimità, è secondario alla tendinopatia dei muscoli addominali e/o adduttori (di qui anche il nome di sindrome retto-adduttoria), diventa interessante analizzare come le sollecitazioni che il soggetto imprime e subisce in tutto il cingolo pelvico e negli arti inferiori.

Il loro smorzamento e la stessa ripartizione saranno inevitabilmente funzioni perturbate.
Nella valutazione dell’atleta che soffre di pubalgia è frequente incontrare la coesistenza di due situazioni che dovranno essere ampiamente considerate in fase di impostazione terapeutica:

  1. disequilibri presenti sia sul piano osteo-articolare che mio-fasciale, ma ad influenza spesso reciproca;
  2. errori sistematici nelle procedure di allenamento, spesso basati sul reclutamento abnorme della muscolatura “statica” all’interno di esercizi per il potenziamento.


Il dolore rappresenta la manifestazione delle sollecitazioni che vengono a concentrarsi sul pube e sui muscoli che qui si inseriscono. Nel tempo potranno eventualmente causare le modificazioni strutturali visibili agli esami.
Il trattamento deve interrompere quello schema disfunzionale rilevato in fase valutativa, affinché possano essere ripristinati tutti i meccanismi che hanno un ruolo nell’ammortizzazione delle sollecitazioni del comparto lombo-pelvico.
Nell’analisi dei dati sarà fondamentale integrare il ruolo delle disfunzioni coxo-femorali (R.Solère 2006), spesso asintomatiche ma con netta incidenza su un problema di questo tipo.